martedì 25 giugno 2013

La consapevolezza di eleggere

Lo ammetto. Per me non è mai stato facile collocarmi, riconoscermi in toto, non dico in un partito, ma nemmeno in una precostituita corrente politica. Anche solo definirmi, secondo i tradizionali canoni, di destra o di sinistra, ma neanche di centro. Certo, è inevitabile schematizzare, mediare, definire delle aree, altrimenti sarebbe pura anarchia, ma ho sempre creduto che ragionare in proprio sia qualcosa in più di un mero contributo da apportare ad una corrente ispiratrice. E troppo spesso le correnti tendono a soffocare il pensiero individuale.
E oggi le cose si complicano: riconoscersi in un partito è diventata l’impresa più ardua. Nel panorama italiano l’indegna scelta deve fare i conti con uno scenario popolato da una fittizia destra liberale, un’altrettanto contraffatta e caotica sinistra socialdemocratica, più qualche altro partitino satellite che vive all’ombra delle forze maggiori e s’ispira alla loro inadeguatezza. Comune denominatore, il consociativismo. Ultimo attore: un grossolano movimento di arroganti sprovveduti, figli dell’antipolitica tanto in auge, il cui fine ultimo e misterioso dei loro “ispiratori” sembra sopito o che si sia perso strada facendo.

giovedì 6 giugno 2013

Quel che resta dell’Unione

La recente chiusura della procedura per deficit pubblico eccessivo a carico dell’Italia, aperta nel 2009, dopo che i conti pubblici avevano sforato il tetto del 3% del deficit/pil fissato dai parametri di Maastricht, fornisce l’occasione per fare il punto su cosa ci resta di questa Unione Europea.
Una notizia come questa – la dimostrazione che i sacrifici di natura fiscale imposti a partire dal 2011, equanimi o meno che fossero, hanno dato un risultato tangibile e riconosciuto – fino a poco tempo fa avrebbe avuto un risalto ben diverso, non solo da parte dei media, ma anche come semplice percezione comune d’aver raggiunto un risultato importante e indubbiamente sancito come tale.