martedì 25 giugno 2013

La consapevolezza di eleggere

Lo ammetto. Per me non è mai stato facile collocarmi, riconoscermi in toto, non dico in un partito, ma nemmeno in una precostituita corrente politica. Anche solo definirmi, secondo i tradizionali canoni, di destra o di sinistra, ma neanche di centro. Certo, è inevitabile schematizzare, mediare, definire delle aree, altrimenti sarebbe pura anarchia, ma ho sempre creduto che ragionare in proprio sia qualcosa in più di un mero contributo da apportare ad una corrente ispiratrice. E troppo spesso le correnti tendono a soffocare il pensiero individuale.
E oggi le cose si complicano: riconoscersi in un partito è diventata l’impresa più ardua. Nel panorama italiano l’indegna scelta deve fare i conti con uno scenario popolato da una fittizia destra liberale, un’altrettanto contraffatta e caotica sinistra socialdemocratica, più qualche altro partitino satellite che vive all’ombra delle forze maggiori e s’ispira alla loro inadeguatezza. Comune denominatore, il consociativismo. Ultimo attore: un grossolano movimento di arroganti sprovveduti, figli dell’antipolitica tanto in auge, il cui fine ultimo e misterioso dei loro “ispiratori” sembra sopito o che si sia perso strada facendo.

L’unica risposta certa che sappiamo dare a questo panorama deturpato è prenderne le distanze. E invece schierarsi è anche atto di coraggio, di responsabilità, un modo per mettersi in gioco, per metterci la faccia e non mescolarsi ai qualunquisti. Comunque, un’impresa ardua e di per sé non remunerativa, quindi coraggiosa. E, oggi più che mai, necessaria per sconfiggere lo stallo in cui ci troviamo.

Sono sicuro che c’è ancora chi è spinto dalla passione e dalla voglia di fare qualcosa di buono, prima che dal tornaconto personale, indipendentemente dagli orientamenti politici. Costoro possono rappresentare il riscatto della politica, ma rimangono lontani dai riflettori, non sono valorizzati, magari proprio perché il vantaggio personale non è il loro principale obiettivo e quindi questo sistema non dà loro visibilità.

E allora come fare perché emergano?
Secondo me tutto deve ripartire da noi, cittadini ed elettori.
Anzitutto, senza farci sconti, dobbiamo fare autocritica. Se i politici sono mediocri è perché i loro elettori sono mediocri: elettori storditi dalla mediocrità instillata in piccole dosi quotidiane, certo, ma chi instilla trova terreno fertile in un contesto carente di meritocrazia, medio-bassa scolarità, amoralità e illegalità diffuse; elettori anche complici di un sistema che formalmente stigmatizzano, ma al quale di fatto non sanno dare risposte efficaci, perché si adeguano o, al contrario, si disinteressano e poi cercano facili, estemporanee scorciatoie di protesta. In tutti i casi, ignorando come selezionare ed eleggere i più virtuosi, onesti e competenti e preferendo considerare tutta la politica come un unico magma indistinto.

In una democrazia come la nostra, seppur con tutte le storture del caso, siamo i primi responsabili del sistema. Impossibile che una politica virtuosa riparta senza ripartire da questa presa di coscienza.

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