Si sente spesso dire, anche da
persone di una certa levatura culturale, ma evidentemente mal indottrinate, che
da fine 2011 stiamo vivendo una sorta di anomalia democratica, perché chi
governa non è stato eletto da nessuno.
C’è un po’ di confusione su
questo concetto. In Italia, per fortuna, vige ancora un regime di Repubblica parlamentare,
non presidenziale: nel nostro ordinamento gli elettori scelgono la compagine
parlamentare, e non il Capo del governo. Questo è invece incaricato dal Capo
dello stato, consultate le forze politiche elette in Parlamento, e sottoposto
al voto di fiducia delle due Camere assieme alla squadra di governo che si è
scelto.
Lo stesso Capo dello stato è
eletto dal Parlamento in seduta plenaria.
Un sistema perfetto, esemplare, imperniato
sulla centralità del Parlamento, un meccanismo concepito in un momento in cui
si avvertiva indispensabile il bisogno di garantire il funzionamento di una
struttura democratica solida e duratura, per smarcarsi definitivamente da un
lungo periodo che fu proprio l’antitesi stessa della democrazia.
Un sistema che ora, dopo quasi 70
anni, l’attuale maggioranza parlamentare si accinge a demolire, in primo luogo
azzoppando una delle due Camere, il Senato, i cui componenti, questi sì non più
eletti ma solo indirettamente designati, manterranno tutti i privilegi di
un’immunità che non avrà più ragion d’essere, visto che avranno competenze
marginali. Una riforma aberrante perpetrata in un mare d’indifferenza, proprio grazie
alla totale ignoranza e disinteresse dei cittadini nei confronti delle
istituzioni. La stessa insipienza che ingenera l’equivoco del presidente non
eletto. La stessa inconsapevolezza su cui, immagino, si farà leva quando sarà
ora di sottoporre ai cittadini l’inevitabile referendum confermativo sulle
modifiche da apportare alla Costituzione, così come previsto dall’articolo 138.
Ma di questo faremo in tempo a
parlarne.
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