giovedì 29 agosto 2013

Il merito, questo sconosciuto

Una breve considerazione. Ho letto su diversi quotidiani il rammarico di vari commentatori che denunciano che in Italia sono pressoché inesistenti i giovani manager e dirigenti (sotto i 30-35 anni) che invece all’estero sarebbero presenti in misura significativa, ed anzi raggiungerebbero l’apice della propria carriera proprio in quella fascia d’età.
Si potrebbe anche in parte concordare, se solo fosse inteso come “in Italia non c’è spazio per i giovani dirigenti meritevoli”. Invece, del concetto di MERITO in queste argomentazioni non v’è traccia, è come se il fatto di essere giovani fosse di per sé un merito, come se tutti i giovani fossero dei prodigi e non avessero nulla da imparare.
Sembra un modo per rimescolare le carte, perché in Italia proprio non ce la facciamo a ragionare anzitutto in base al merito. Tanto che anche giornalisti e commentatori preparati e quotati paiono imboccare scorciatoie approssimative, che hanno la pretesa di affrontare il drammatico problema della disoccupazione giovanile in un contesto già critico per la scarsa qualità delle offerte lavorative e le scarse possibilità di fare esperienza e carriera per merito, indipendentemente dall’età.
Mi ricorda un po’ la questione delle cosiddette “quote rosa”: candidare o proporre una certa percentuale di persone solo in base all’appartenenza al genere femminile, tralasciando in secondo piano il merito della persona. Un modo di ragionare superato, una forzatura che svilisce anzitutto il genere femminile e che le donne per prime dovrebbero rigettare, se solo non fosse vissuto come l’ennesima occasione di privilegio.

A prescindere da età e genere, evidentemente il merito rimane un concetto scomodo, che non fa presa e sempre meno ci appartiene. Tanto che, ormai, neanche se ne parla più.

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