venerdì 24 maggio 2013

Il rinnovamento e l’antipolitica

Io sono tra coloro che vogliono facce nuove, aria fresca, sono per il rinnovamento.
Ma d’altra parte non sono per l’antipolitica.
La Politica è il più nobile dei mestieri. Sembra banale, eppure è diventato un concetto terribilmente fuori moda, in special modo presso i giovani e presso tutti coloro che si disinteressano di futuro. Tanto che politicante nell’accezione comune è diventato sinonimo di abile raggiratore o quantomeno di opportunista, arrivista.

Nel post precedente accennavo a un concetto: occorre far tesoro della propria esperienza per rinnovarsi.
Non mi piace che ciò che è stato costruito finora sia considerato solo un ammasso di rottami da demolire.
Non mi piace che chi ha costruito sia considerato solo da “rottamare”, parola tanto in voga di questi tempi, eliminazione senza distinzioni di sorta, per dire di tutto e non fare niente. È una strategia, un’abile strategia che prevede che l’esperienza di chi ci ha preceduto sia trattata in toto con sufficienza. Certo, così è più comodo, è un messaggio più facile e populista, la cui eco arriva anche a chi mostra disinteresse per tutto ciò che non sia bieco tornaconto personale. Lo si millanta come l’unico atteggiamento da contrapporre, come una novella “legge del taglione”, in risposta alla peggior vecchia classe dirigente, che della sufficienza ha fatto sempre il proprio approccio per rapportarsi alla gente comune. Di conseguenza, il consueto pseudo - dibattito politico autoreferenziale cambia solo qualche connotato e si perpetuano le peggiori metodiche, sterili per il cittadino, ma sempre tanto fruttuose per chi le pratica.

L’esperienza e la storia: da qui vorrei partire per marcare subito un concetto, sempre trascurato da coloro che vogliono cambiare registro “rottamando”, per non arrivare poi da nessuna parte. Una moderna classe dirigente non s’improvvisa, si costruisce. Per generare progresso deve conoscere la propria storia e far tesoro della propria esperienza e di quella tramandata, ma al contempo deve essere aperta al cambiamento, all’evoluzione continua. Ancora una volta, pare un concetto scontato. Precetti, principi imprescindibili, quanto lapalissiani. Ma allora come mai nello scenario politico italiano ci vengono proposti solo due modelli antitetici che si arroccano su posizioni puramente retrograde o, al contrario, partono da una mera forza di protesta fine a se stessa? In entrambi i casi, chi vi aderisce mescola la critica con l’istinto demagogico e finisce per trascendere dall’intransigenza all’estremismo.

E allora che fare? Capita, a volte, che le parole comunichino più di quello che pensavi scrivendole, che aiutino a mettere in ordine i pensieri: mi sono accorto che all’inizio di questo post ho scritto “in special modo presso i giovani e presso tutti coloro che si disinteressano di futuro”. Ebbene, non è possibile che le parole “giovani” e “disinteresse del futuro” stiano nella stessa frase. Dobbiamo ripartire dal futuro. Per uscire da questa fase decadente, credo la Politica debba ripartire da qui: avvicinare i giovani al futuro e riavvicinare ad un’idea di futuro anche coloro che al futuro non pensano più.

Altrimenti qualsiasi battaglia sarà una battaglia persa in partenza, senza reali prospettive, e continueremo a parlare solo di movimenti antipolitici che prosperano sull'ansia di un drammatico bisogno di agognato rinnovamento, movimenti sorti sull’onda di una scossa a queste istituzioni ripiegate su se stesse, ma altrettanto impotenti e privi di una guida credibile.
L’antipolitica è un’antirisposta, è autolesionismo perché nega il passato e preclude il futuro.

2 commenti:

  1. Bravo, il problema sta proprio tutto lí, non vediamo piú il futuro, non abbiamo più ideali. Siamo ancora in grado di aprire gli occhi e la mente?

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