Ma d’altra parte non sono per l’antipolitica.
La Politica è il più nobile dei mestieri. Sembra banale, eppure è
diventato un concetto terribilmente fuori moda, in special modo presso i
giovani e presso tutti coloro che si disinteressano di futuro. Tanto che politicante nell’accezione comune è
diventato sinonimo di abile raggiratore o quantomeno di opportunista,
arrivista.
Nel post precedente accennavo a un concetto: occorre far tesoro della propria esperienza per rinnovarsi.
Non mi piace che ciò che è stato costruito finora sia considerato solo
un ammasso di rottami da demolire.
Non mi piace che chi ha costruito sia considerato solo da “rottamare”,
parola tanto in voga di questi tempi, eliminazione senza distinzioni di sorta,
per dire di tutto e non fare niente. È una strategia, un’abile strategia che prevede
che l’esperienza di chi ci ha preceduto sia trattata in toto con sufficienza.
Certo, così è più comodo, è un messaggio più facile e populista, la cui eco
arriva anche a chi mostra disinteresse per tutto ciò che non sia bieco
tornaconto personale. Lo si millanta come l’unico atteggiamento da
contrapporre, come una novella “legge del taglione”, in risposta alla peggior
vecchia classe dirigente, che della sufficienza ha fatto sempre il proprio
approccio per rapportarsi alla gente comune. Di conseguenza, il consueto pseudo
- dibattito politico autoreferenziale cambia solo qualche connotato e si
perpetuano le peggiori metodiche, sterili per il cittadino, ma sempre tanto
fruttuose per chi le pratica.
L’esperienza e la storia: da qui vorrei partire per marcare subito un
concetto, sempre trascurato da coloro che vogliono cambiare registro
“rottamando”, per non arrivare poi da nessuna parte. Una moderna classe
dirigente non s’improvvisa, si costruisce. Per generare progresso deve
conoscere la propria storia e far tesoro della propria esperienza e di quella
tramandata, ma al contempo deve essere aperta al cambiamento, all’evoluzione
continua. Ancora una volta, pare un concetto scontato. Precetti, principi
imprescindibili, quanto lapalissiani. Ma allora come mai nello scenario
politico italiano ci vengono proposti solo due modelli antitetici che si
arroccano su posizioni puramente retrograde o, al contrario, partono da una
mera forza di protesta fine a se stessa? In entrambi i casi, chi vi aderisce
mescola la critica con l’istinto demagogico e finisce per trascendere
dall’intransigenza all’estremismo.
E allora che fare? Capita, a volte, che le parole comunichino più di
quello che pensavi scrivendole, che aiutino a mettere in ordine i pensieri: mi
sono accorto che all’inizio di questo post ho scritto “in special modo presso i
giovani e presso tutti coloro che si disinteressano di futuro”. Ebbene, non è
possibile che le parole “giovani” e “disinteresse del futuro” stiano nella
stessa frase. Dobbiamo ripartire dal futuro. Per uscire da questa fase
decadente, credo la Politica debba ripartire da qui: avvicinare i giovani al
futuro e riavvicinare ad un’idea di futuro anche coloro che al futuro non
pensano più.
Altrimenti qualsiasi battaglia sarà una battaglia persa in partenza,
senza reali prospettive, e continueremo a parlare solo di movimenti antipolitici
che prosperano sull'ansia di un drammatico bisogno di agognato rinnovamento,
movimenti sorti sull’onda di una scossa a queste
istituzioni ripiegate su se stesse, ma altrettanto impotenti e privi di una
guida credibile.
L’antipolitica è un’antirisposta, è autolesionismo perché nega il
passato e preclude il futuro.
Bravo, il problema sta proprio tutto lí, non vediamo piú il futuro, non abbiamo più ideali. Siamo ancora in grado di aprire gli occhi e la mente?
RispondiEliminaRagazzi come siamo pessimisti!
Elimina